2012
Pierre Girard
Casagrande
E' una storia strana, surreale, dove la quotidianità formale viene iniettata di improbabili sciabolate di eventi astrusi. Il graffio di costume (una società borghese colta in mutande, nel senso delle debolezze d'animo, delle piccole miserie e ambizioni) si mescola con l'allure grottesca, con il nonsense, con le stranezze inattese. Qua e là affiorano troppi nomi, i più sconosciuti, toppe allusioni colte. Volendo essere precisi e curiosi, leggendo questo bel racconto lungo bisogna munirsi di una enciclopedia o tenere acceso lo schermo su google. Alcune trovate sono forse eccessive, in qualche passaggio la voglia di essere stravagante prende la mano allo scrittore. Ma molte fiondate sono strepitose:, come quando si parla dei travagli dei facoltosi clienti della banca, inquieti per ansia esistenziale e indotti dunque alla droga del denaro: " Talvolta il cliente, di notte, sdraiato insonne nel letto, si alzava, ascoltava dalla finestra socchiusa"… Che cosa? Il levarsi del vento, la carezza tardiva della pioggia o il mormorio del destino che scorre? Talvolta il filo d'acciaio del tempo morde il cuore. Se si scarta la preghiera, se si rifiuta la pazienza stoica, c'è un solo rimedio: combinare investimenti". Finemente feroce, no? Ma anche parecchi assaggi di natura e ambiente non sono da meno: "Cupo, Charles rincasava sotto cupi crepuscoli. L'inverno era alle porte. Talvolta, tutto a ovest, in un cielo scolpito nel piombo, uno spiazzo di azzurro verdastro attirava per pochi istanti lo sguardo degli uomini. L'estremo autunno mormorava raso terra, lungo i muri, scortando il solitario. C'è un canto di novembre che riecheggia nelle orecchie ma che nessuno ascolta. Charles lo ascoltava? La vedeva quella striscia di seta lisa, all'orizzonte? Guardava il muschio sui vecchi muri, il fumo nei campi?". Non conoscevo questo scrittore ginevrino, Piere Girard , nato a fine "˜800 (nel 92) e morto nel 1956. Fu imprenditore per abbandonare tutto a 50 anni e dedicarsi alla letteratura. Scritto quando l'Europa era nel buio pesto dell'ultimo anno di guerra, questo racconto satirico e lirico al tempo stesso coglie con sorprendente profezia, anticipando la vena di Dürrenmatt e di tutti i suoi nipotini, la caricatura di un mondo bancario e borghese. Ma anche la liberazione del banchiere Charles, che abbandona poteri e dividendi per riguadagnare l'uso ottimale dei sensi, in tutti i sensi, è una notevole metafora letteraria. Ottima quindi l'idea di Casagrande di farlo tradurre (da Camilla Diez) e pubblicarlo in italiano. A un racconto bizzarro, intrigante e ben scritto come questo si perdonano alcuni ghirigori in eccesso, forse un po' datati.
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