2012
Franz Hohler
Armando Dadò
Franz Hohler è un affabulatore, un istrione, un immaginoso. Musicista, cabarettista notissimo in Svizzera tedesca, buon frequentatore del Ticino, possiede estro d'attore e stoffa di scrittore. Lo confermano questi racconti ("Il cavallo bianco", Dadò) che contengono una loro densità risolta, quasi sempre un enigma, un fatto imprevisto, un mistero da sbrogliare, un evento che cambia le cose. C'è il realismo delle cose, delle persone, dei luoghi, dei fatti, minuziosamente descritti: la quotidianità normale, quieta, borghese. E poi insorge sempre qualcosa di strano, diciamo di bizzarro. Può essere un cocciuto inghippo di burocrazia che per un centesimo di franco accende una sequela incontrollabile. Può essere il ritrovamento di una vecchia fattura mai pagata dopo decine di anni e che mette in moto la ricerca, fra archivi e fantasmi, del personaggio che l'aveva emessa. Oppure una vecchia targhetta di bicicletta raccolta da terra da un pastore protestante il quale non immagina dove lo porterà quel piccolo gesto, persino nei dintorni di un delitto. Fra i più bei racconti c'è quello del funzionario militare che dalle parti del passo dell'Oberalp, avendo un'ora di tempo prima di un appuntamento, decide di seguire il cartello di un sentiero che indica, su un monte, un monumento a un proprio omonimo, Baumberger, di cui lui non sa niente. Intrigato, vuole salirvi e calcola che in meno di un'ora sarà di ritorno. Sale, cammina, si inerpica, incontra folate di nebbia imprevista, si smarrisce, si ritrova, si smarrisce ancora, il tempo passa"…..Non rovinerò la sorpresa del lettore, dirò soltanto che in questo mirabile racconto (quasi una reminiscenza kafkiana) Hohler sa creare suspense di avventura e ansia di orientamento e soprattutto ci consegna una metafora sfuggente e misteriosa della vita, del suo affanno, del suo tendere a un culmine ineffabile, del ricongiungersi prima o poi di tutte le cose, per cui fra chi c'era e non c'è più e chi c'è ancora alla fine non c'è differenza, al colmo del salire si presenta sempre il destino definitivo. Franz Hohler, che oggi ha 72 anni, ha una sua freschezza narrativa che sa impastare realismo quotidiano e stranezze, piccoli misteri, tracce di magia. Ogni racconto, pur nella sua brevità, sa incuriosire, intrigare, pungere. In italiano, in Ticino, di lui era già uscito nel 2008 un romanzo ("Diluvio di pietre", Edizioni ADV) che narra una catastrofe realmente avvenuta l'11 settembre del 1881, nel paesino di Elm, Canton Glarona, quando una frana uccise 115 persone nonostante una bambina avesse in modo misteriosamente sensitivo preannunciato il disastro. Questi racconti confermano la stoffa di un autore che ricorda singolarmente certe pagine brevi di Dino Buzzati. La traduzione accorta è di Gabriella de' Grandi, la bella prefazione è della scrittrice Anna Felder.
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