2016
Oscar Peer
Casagrande
Oscar Peer (il maggior scrittore romancio contemporaneo), morto nel 2013 a 92 anni, ha lasciato in questo corposo ma agile libro (pubblicato nel 2011) un racconto di vita che è come un ultimo cantico, un tenero fiotto di memoria, una estrema carezza di ricordi prima di chiudere gli occhi all'esistenza. Peer, di cui avevo lodato anni fa il romanzo "Il ritorno" (Casagrande) stavolta si congeda dai suoi lettori e dalla propria vita con un dolce bilancio memoriale, con una vampata di luce che rivela un luogo dell'anima, un tempo, una bolla colturale e storica sospesa nel mezzo della Svizzera e dell'Europa. E' il territorio romancio dell'Engadina, alta e bassa. Si va da poche case accanto a una stazioncina della rossa ferrovia retica a Sent, a Lavin, a Zernez, a San Moritz, a Scuol. Noi oggi gustiamo quei paesaggi eccezionali come visitatori affascinati. Basterebbe andare per esempio a Guarda, dove non a caso è stata girata l'ultima versione cinematografica di Heidi: ma Peer non è Johanna Spyri"… Questo è il presente. Ma lo scrittore ricorda quell'unità di luogo com'era negli anni '30 e '40 e '50 del Novecento, quando palpitava ancora di robusta vita contadina, di forte identità locale, compattezza rurale, riti. Peer racconta la sua infanzia e ogni tanto compie un affondo a rovescio, nel presente, quando lui torna da vecchio in quei luoghi e scopre i cambiamenti forti ma anche quel che è rimasto intatto: " Le facce delle case ci sono ancora; anche certi odori che mi riportano il passato: qui il profumo di legna bagnata, di segatura, qui invece fragranza di pane fresco, qua o là il vecchio sentore di camino e di fuoco della stufa"….L'odore di letame è quasi svanito anche qui. Una volta era sempre presente, un odore elementare e al tempo stesso indizio di una eterna trasformazione di materia organica: mutazione del letame ancora tenero in vecchio concime nero, in humus e terra fertile"…". Gli odori, per Oscar Peer, diventano come il biscotto (la "petite madeleine") con cui Proust afferra attraverso le papille gustative il sapore del passato perduto da ricercare. Scrive Peer: "Anche i suoni e le melodie, si sa, risvegliano i ricordi. Ma l'odore è molto più forte, può far rinascere all'improvviso cose passate da tanto tempo"…". C'è sentimento, in questo libro. Ma mai sentimentalismo. La letizia dorata si intride anche di drammaticità, la cadenza della vita ha i suoi struggimenti, le sue cupezze. Appaiono personaggi memorabili (per lo scrittore ma ora anche per noi). Come la figura antica, stravagante, bizzosa, sensibile del nonno Tumasch, oppure quella dello sfortunato compagno di scuola finito male, o del "barbone" di paese. E la mamma: così centrale, così presente e strana, e desiderosa di storie e libri e piccole fughe nel bosco, così attenta alle esistenze marginali, cosi amorosa. C'è qualcosa di quietamente edipico nel modo in cui Oscar Peer evoca i giorni decisivi della tenerezza materna. Entrano anche i rumori del mondo: come quell'Heil Hitler gridato alla radio, e la mobilitazione, la guerra intorno. Il piccolo mondo antico romancio di Oscar Peer è raccontato con una scrittura moderna, vivida. La nostalgia non cade nella sentimentalità grazie allo stile asciutto, diretto. Ottima la traduzione di Marcella Palmara Pult.
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Mi chiamo Lucy Barton
Elizabeth Strout
Einaudi