Circolo dei Libri

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11dicembre
2020

Vercors

Einaudi

Un vecchio signorile, una sua giovane nipote, gentile e sensibile. I due, zio e nipote, vivono da soli in una piccola villa ai bordi di un borgo, nella Francia occupata dai nazisti. Siamo al nord, non lontano dal mare. I tedeschi requisiscono delle stanze nelle case private per alloggiarvi degli ufficiali singoli. Un giovane, distinto ed educato ufficiale tedesco ha occupato una camera nella casa del vecchi e della nipote. I quali devono accettare. Werner von Ebrennac, l'ufficiale, si scusa, è gentile, cerca di spiegare la situazione. Ama la cultura francese, vorrebbe comunicare qualche scintilla di umanità e condivisione. Ma i due non rispondono. Tacciono. Ogni sera, dopo il lavoro al comando, l'ufficiale rientra, sosta un poco nel salotto dove lo zio e la nipote sono seduti a leggere, prova a parlare, dice che quello che i tedeschi stanno facendo è per il bene futuro della Francia, un giorno lo capiranno anche i francesi. Lui nella vita privata è un musicista. Nel salotto c'è un pianoforte con uno spartito sul leggìo, si capisce che la ragazza suona, ma davanti a lui non suonerà mai. Silenziosa lei, silenzioso il pianoforte. I due francesi tacciono. E' la loro forma di resistenza, l'unica a loro possibile. Ogni sera dopo quei silenzi interrotti solo dalle parole tentate del tedesco, lui si congeda, si inchina leggermente e dice "Vi auguro la buonanotte". I due non rispondono, lui sale in camera. Quando fuori piove o nevica e fa freddo, Von Ebrennac, entrando la sera bagnato e intirizzito, si accosta al fuoco del camino e cerca di parlare un po' di più. Ma il vecchio e la giovane tacciono sempre. Un giorno l'ufficiale cambia tipo di discorso, sembra scosso, cerca di spiegare che la propria illusione sulle magnifiche sorti dei tedeschi sta franando. I due tacciono ancora. Lasciamo al lettore di continuare il cammino emozionato dentro questo racconto così ricco di parole essenziali che dicono il silenzio, la dignità, la resistenza dell'intelletto e della coscienza civile nonostante i moti potenziali del cuore. Già: perché zio e nipote amerebbero aprirsi ma non possono farlo, andrebbe contro la loro percezione della ferita grave inferta alla Francia. La ragazza guarda di sottecchi l'ufficiale, la sua femminilità è teneramente colpita da quell'uomo gentile e colto. Ma non può cedere a nessun moto di simpatia. E anche l'ufficiale tedesco ha uno sguardo educato ma ammirato per la ragazza. Questo racconto fu scritto da Jean Bruller (1902-1991), nel 1942, firmato con il suo nome di partigiano, Vercors. E pubblicato clandestinamente in sole 300 copie, poi subito ristampato. Il generale De Gaulle, che guidava dall'esilio la Resistenza ai nazisti, letto il libriccino ordinò che esso fosse stampato in carta leggerissima e lanciato con i paracadute dagli aerei clandestini sopra la terra francese occupata, perché la popolazione leggesse questa testimonianza di resistenza passiva e dignitosa, contro ogni tentazione di collaborazionismo (ci fu anche quello). Il racconto ebbe una enorme diffusione - sottobanco - e alla liberazione divenne subito un bestseller. Nel 1946 fu tradotto in italiano per Einaudi da Natalia Ginzburg e la sua versione è la stessa che ancora oggi Einaudi ha in catalogo. Lo stile è calmo, essenziale, sommesso, attento ai dettagli e alle atmosfere, alle pause, alla "eloquenza" triste dei silenzi. La scena ha una unità di luogo ed evoca una situazione teatrale: ci sono, dentro uno spazio sempre uguale, soltanto queste tre figure, davanti al fuoco nel salotto borghese mentre fuori piove e fa freddo: il vecchio e la nipote in poltrona, l'ufficiale in piedi davanti al camino, tre desideri di comunicazione impediti, una guerra incruenta, silenziosa, rispettosa, delicata. Ma una guerra. Un racconto civile e morale, un piccolo capolavoro letterario.