2018
Adam Gopnik
Guanda
D'estate, nella civiltà contadina, si lavorava duro sparsi nei campi, nella transumanza e sugli alpeggi. D'inverno il lavoro si riduceva moltissimo, faceva buio presto, si stava accanto al fuoco, si parlava. Per risparmiare legna ci si radunava a gruppi familiari attorno a un unico focolare, a turno, o nelle stalle al calore delle mucche. E nascevano narrazioni di meraviglia e paura, sbocciavano pettegolezzi e amori, si combinavano fidanzamenti. Il libro di Gopnik, dice in altro modo le stesse cose. Racconta l'inverno in letteratura, arte e musica, parla degli esploratori che sfidavano nevi e ghiacci nella tormenta e della nostalgia e della ricerca del rifugio caldo, del fuoco, della salvezza. E dice che l'inverno comodo che piace a noi, quando stiamo al caldo a guardare dalla finestra la neve che cade, non è sempre stato così. L'inverno nuovo è stato "inventato" a poco a poco. Alla legna si sono aggiunti il carbone, il gas, l'elettricità, i radiatori, il gasolio; il benessere ha addolcito la dura stagione. Lascio parlare l'autore: "In una poesia del 1785, "Sera d'inverno", William Cowper parla del postiglione che arriva dalla modernità di Londra al suo cottage fuori mano per portargli il giornale pieno di notizie, descrive la sua lettura, seduto accanto al fuoco con accanto una tazza di tè caldo. È una scena incredibilmente moderna: un po' di teina in una mano, il giornale nell'altra e il fuoco acceso, mentre le notizie mantengono una confortevole e rassicurante distanza dalla città. Ora tutto il nuovo mondo della famiglia borghese, che condivide un focolare e un desco comuni, è mostrato più affascinante d'inverno che in qualsiasi altro periodo dell'anno." Ha ragione la Lara del Dottor Zivago quando dice a una sua amica, in un pomeriggio di neve turbinosa: "Vieni da me a bere un tè. E' bello, quando nevica, stare dentro, al caldo, a parlare di cose intelligenti".
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Armando Dadò editore