Circolo dei Libri

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La ballata di Adam Henry

06dicembre
2014

Ian McEwan

Einaudi

Accidenti come scrive bene quel Ian McEwan. 66 anni, londinese, è uno dei maggiori scrittori inglesi viventi. Ecco subito tradotto da Einaudi l"˜ultimo suo romanzo. Detto che McEwan scrive benissimo, aggiungo subito che sa essere anche sfizioso e talvolta si aggroviglia intorno a degli scioglicoscienza intellettuali. E' nato dalla parte giusta della barricata della vita: intelligente, colto, dotato, ha scritto i romanzi giusti negli anni giusti, ha sposato Annalena McAfee, un'altra che scrive molto bene e un poco se la tira. Son fatti cosi, sono gli scrittori del salotto buono, cuore ecologico che batte a sinistra ma con moderazione, virtuosa cultura del dubbio e del capello spaccato in quattro. Dico tutto questo perché l'enorme talento immaginoso e stilistico di McEwan, il suo senso straordinario del ritmo narrato e una geniale predisposizione per le ambientazioni (uno scorcio di luce, un odore di stagione, una pioggia che batte ai vetri in una sera d'autunno quando si sta dentro davanti a un fuoco con un libro, un disco e i piccoli tormenti delle idee e dei sentimenti) non riescono a togliermi spesso una sensazione di snobismo romanzesco. E però McEwan è bravo. Naturalmente anche discontinuo. I suoi migliori romanzi sono "Bambini nel tempo", "Sabato", "Espiazione", "Amsterdam" (leggeteli). Gli ultimi ("Chesil Beach, "Solar", "Miele") mi sono piaciuti meno. Ecco qui ora la sua ultima produzione, che se da un lato sembra tornare all'antica limpidezza narrativa, ancora indugia su un conflitto esistenziale ed etico un po' forzato. Ma il romanzo avvolge, canta, ti prende. Sulla trama, come sempre dico il meno possibile. Dico almeno che la protagonista è una donna giudice, Fiona, intelligente e piacente, arrivata alla soglia dei 60 anni con una sua autorevolezza abbastanza celebre nel diritto di famiglia. Si occupa di protezione dei minori, di divorzi difficili, di affidi, ed emette sentenze ragionevoli e documentatissime. Sposata senza figli con un professore di lingue classiche di bella presenza, si sente dire un giorno da lui che egli vorrebbe, vista la passione spenta in casa, concedersi un ultimo guizzo fuori mura prima di accomodarsi nella pace dei sensi. Sdegnosamente scioccata, Fiona continua nel suo lavoro febbrile di giudice e si imbatte nel caso di una ragazzo diciasettenne, intelligentissimo, bello e tenero, malato di leucemia e alle prese, in quanto testimone di Geova, con il rovello della trasfusione di sangue, che lo potrebbe guarire ma che la sua religione (setta?) respinge come inaccettabile. Il ragazzo per poco è ancora minorenne e dunque entra in scena la Giustizia. Ne nascerà un rapporto, una intensità scoccata, un intreccio di ragione e poesia, musica e salvezza possibile. Dove vada a parare poi l'assunto del romanzo è difficile dire con esattezza. Pare di capire comunque che una religione (giustamente) non può essere un insieme di regole da rispettare ma qualcosa di più, di decisivo per l'esistenza. E l'incontro (umano, personale, prima ancora che con il Mistero) deve essere reale, legato al senso stesso del vivere. Fiona percepisce di avere forse mancato a quella missione di realismo e di senso. Al di là del contesto etico ( un po' teorizzato, da primo della classe) la vera protagonista del romanzo è Fiona, con la sua sosta ansiosa sull'orlo della vecchiaia prossima ventura, con le sue certezze private un poco slabbrate e la pertinacia diligente del suo lavoro. Ed è qui che McEwan è grande e non ti fa smettere di leggere il libro sino alla fine. Ed è per questo che lo consiglio.