2019
Vladimir Nabokov
Adelphi
C'è un momento, nel tempo denso dell'infanzia, in cui sembra che lo spazio fisico e quello del tempo non siano bastevoli o quantomeno siano confusi. L'immaginazione (impastata con la percezione della realtà) permette balzi fuori dal "qui e ora", piccole vertigini. Da piccolo dormivo in camera con i miei due fratelli e c'era un quadro, appeso alla parete della camera, attraverso il cui paesaggio rurale fantasticavamo di spiare, non so più se scostandolo o entrandovi, il mondo notturno fuori. Mi ha dunque stupito in modo particolare, quasi come la scoperta d'una fratellanza, la rivelazione che riguarda il bambino Martin, che da piccolo, da adolescente e poi da giovane uomo è il protagonista del romanzo "La gloria", di Vladimir Nabokov. Nella camera dove Martin dormiva "era appeso l'acquerello di un fitto bosco con un sentiero serpeggiante che si perdeva nelle sue profondità"…e Martin aveva la precisa sensazione di esservi saltato dentro, una notte, esattamente come il protagonista della fiaba inglese che la madre gli leggeva da bambino". Quello slancio immaginoso, quella acuta e quasi dolorosa sensibilità sono il segno del desiderio, per Martin non soltanto infantile, di balzare dentro ogni possibile "mondo altro", stimolato dalla propria fantasia accesa. Martin vuole essere qui e altrove, in una mescolanza spazio-temporale. Lo aiuta in ciò, realmente, il suo destino "storico" familiare, legato ai contraccolpi della rivoluzione bolscevica e ai traslochi, alle fughe e all'esilio che l'aristocrazia russa (cui appartengono Martin e naturalmente lo stesso Nabokov) ha dovuto sobbarcarsi. Martin respira il molle clima marino di Yalta, le azzurrità chiare della Grecia, la limpidezza e l'aria resinosa delle montagne svizzere e poi Cambridge, Berlino,le luci di piccole città di collina sogguardate da treni in corsa nella notte"… Sbalestrato - per necessità ma anche per volontà - da una parte all'altra, andante e ritornante a intervalli dalla madre protettiva (il padre è morto presto), risposata con un uomo benevolo e mediocre, Martin sembra più attratto dal sogno che dalla realtà. Vuole continuare, in un certo senso, a entrare in quel quadro dove era raffigurata una svolta di sentiero che lo avrebbe potuto portare in un altrove trasognato e speranzosamente migliore del "qui reale". Attirato dalle donne, le attira fin da adolescente, anche le maggiori d'età. Ma il suo amore unico e vero (e per questo sognato e poco praticato) è con la ragazza russa Sonja, anche lei esule al seguito della famiglia. Seducente e civetta, ammaliatrice e furbescamente spregiudicata, perentoria, ambigua e femminile, Sonja adesca e trattiene Martin, il quale la vuole ma non sa, non può coglierla. «Martin è il più gentile, il più retto, il più commovente di tutti i miei giovani uomini» ha scritto Nabokov del suo personaggio. In quanto a Sonja, l'autore ha scritto che "lei dovrebbe essere celebrata dagli esperti di sapienza e allettamenti erotici come la più attraente, seppure in modo singolare, fra tutte le mie giovani donne». Romanzo di formazione, di educazione sentimentale inconclusa, di sete di vita in cui la realtà è soprattutto il nutrimento fisico del sogno, "La gloria" parafrasa nel titolo il desiderio di impresa, di fama, di conquista in battaglia o in amore, di rimpatrio eroico, di fuga gloriosa. Sempre via, sempre lontano dall'angustia reale. Sempre alla ricerca della svolta di quel sentiero dipinto nel quadro della propria camera infantile. Scritto in russo nel 1931, tradotto dall'autore stesso in inglese e pubblicato nel 1971, "La gloria" conferma lo stile sontuoso, rutilante, lirico, immaginoso di Nabokov e la geniale padronanza dei due idiomi in cui si è espresso il suo sconfinato talento di narratore.
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Abraham B. Yehoshua
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Gaetano Savatteri
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