Circolo dei Libri

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07maggio
2022

"‹Eduard von Keyserling

L'Orma

Una delicata, malinconica storia di seduzioni amorose consumate o appena abbozzate, di imbarazzante e rispettosa estraneità esistenziali fra generazioni, di piccola nobiltà baltica in decadenza tardo-ottocentesca: l'ha scritta un autore morto da poco più di cento anni, Eduard von Keyserling (1855-1918), appartenente alla stessa nobiltà baltica che egli descrive (in Curlandia, nella Lettonia). Von Keyserling era dunque lèttone ma trascorse gran parte della sua vita a Monaco di Baviera, seppure sempre evocando nelle sue pagine la terra natale. A Monaco, ai primi del Novecento, incontrerà un giovane scrittore ramingo, che di von Keyserling intuì subito (assieme a Thomas Mann e ad altri) il talento sensibile e singolare: Robert Walser. L'autore svizzero ricorderà in un suo scritto come egli incontrasse quotidianamente von Keyserling in un caffè della città: "il conte Eduard veniva quasi ogni giorno a sedersi di fronte a un bicchierino di cognac, orgogliosamente solitario, quasi cieco: un uomo distaccato in mezzo a una massa di indaffarati aspiranti alla più rapida carriera possibile. Ma sì, il leone è re nel suo regno: un re che sta morendo. E tale era Eduard von Keyserling". Walser aveva intuito, di von Keyserling, la dolente natura di un uomo appartenente a una stagione culturale e morale di grande raffinatezza ma ormai estenuata, in una dignitosa malinconia intonata al riservato tratto aristocratico. E anche la prosa di von Keyserling è così: lirica e spesso dolente, raffinata. Lo scrittore sa narrare dolcezze e struggimenti, palpiti di felicità sfuggente su cui egli acquarella i colori trasparenti della malinconia, del battito del tempo che passa, dell'ineffabile trascorrere dei destini. In questo "La sera sulle case" tratteggia il crepuscolo di un mondo aristocratico di proprietari terrieri sparsi fra campagne e foreste che di fatto riverbera anche il più vasto e fatale tramonto di una civiltà (diciamo quella della grande area asburgica) cancellata dalla Grande Guerra. È singolare che von Keyserling muoia nel 1918, proprio allo scadere del conflitto e dell'Impero cui la piccola nobiltà baltica era legata: se ne è andato nello stesso momento anche lui, assieme a un mondo, il suo, che svaniva. La trama sottile, non clamorosa del romanzo racconta di alcune famiglie nobili e rurali, annidate ognuna nel proprio piccolo castello in mezzo a sterminati boschi e pianure. Si frequentano, si fanno visita per i tè, le cene, le piccole feste. I vecchi patriarchi, aggrottati e conservatori, fedelissimi alla gabbia virtuosa dei valori veri ma anche dei privilegi, faticano a capire l'aria vaga di un mondo nuovo che spira da lontano, dal brusìo remoto delle città. I giovani, più inquieti, sentono linfa fresca nelle vene, vorrebbero colpi d'ala, guizzi di libertà, ma hanno poco nerbo morale e poca stoffa di responsabilità: il conflitto fra padri e figli è elegante, rispettoso, addomesticato. Nascono passioni, lecite e meno lecite, sbocciano innamoramenti, il tempo passa e consuma ardimenti, logora giovinezze indecise, congela vecchiaie riottose. Tutt'intorno respira una natura possente, al soffio delle stagioni. D'inverno slitte con sonagliere scivolano nei boschi innevati portando in giro dame e signori o cauti innamorati solinghi. D'estate le lunghe sere infinite odorano di fieno tagliato e i voli delle anatre planano sugli stagni, di notte l'immenso cielo stellato sta sopra le luci delle finestre qua e là accese nelle varie e distanziate dimore gentilizie dove fra tintnnìo di tazze, brontolìo di padri e pazienti letture ad alta voce di figli, si consuma lentamente un appartato brandello di civiltà elegante e raffinata votata alla decadenza ineluttabile.