Circolo dei Libri

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22dicembre
2017

Daniel Maggetti

Armando Dadò editore

Una storia truce e delicata al tempo stesso, aspra e anche tenera, nella cornice della terra ticinese delle Centovalli, montana e periferica, a meta "˜800. Una invenzione narrativa tratta dalla traccia di eventi realmente accaduti e recuperati negli archivi. Il romanzo "La vedova col bambino" è stato scritto da un autore, Daniel Maggetti, ticinese. Ma in francese. E pubblicato in Svizzera francese ("La veuve à l'enfant", Zoé éditions). Miracoli della "svizzerità linguistica": un ticinese emigrato in terra romanda scrive dunque un romanzo in lingua francese con una trama che si svolge nel passato della sua terra natale di montagna della Svizzera italiana, dove lui era cresciuto parlando in famiglia il dialetto delle Centovalli e poi a scuola l'italiano. Il libro ha avuto successo nella Svizzera francese ed ecco che ora è stato tradotto in italiano. Ma non dall'autore, che pure è di lingua madre italiana. No, lui non se l'è sentita di ritornare a ricavare dal proprio testo in francese parole narrative nella propria lingua, avendo assunto quella francese come sua lingua adulta, amata, studiata e approfondita. Daniel Maggetti infatti oggi è professore di letteratura francese all'Università di Losanna e lui, che dopo le scuole in Ticino ha studiato e vissuto in Svizzera romanda, della cultura letteraria francese ha fatto un suo strumento decisivo e importante d'espressione, di studio, di vita. Il romanzo (che ha una prefazione di Yari Bernasconi) è stato tradotto da Maurizia Balmelli.
Siamo nel tempo difficile della vita contadina povera e anche durissima, con una forte tradizione di emigrazione per necessità dalle aspre vallate montane ticinesi. Una piccola comunità viene nel romanzo scrutata da uno sguardo esterno, quello di un sacerdote, Don Tommaso, che dal Piemonte è stato mandato lassù per una specie di punizione a fare il parroco. Il nuovo prevosto, uomo colto e lassù un po' disadattato, prende a servizio una anziana donna, Anna Maria, dal passato misterioso, che vive da sola con un bambino, suo abiatico. A poco a poco Don Tommaso si incuriosisce, con attenzione umana sensibile, di fronte all'impenetrabile segreto della vita di questa donna. Lentamente i fatti del passato affiorano, si scoprirà che il marito di Anna Maria era una specie di bandito e che ci furono fatti di sangue, misteri, grovigli di rapporti personali. Fra diffidenze familiari, tribalità e contrasti personali, caratteri complessi, povertà amara, emigrazione obbligata, la storia ha una sua trama anche complicata, che lasciamo alla sorpresa del lettore. Lo sfondo è quello di un paese povero, dove il prete è la sola autorità "intellettuale" e i temperamenti dei parrocchiani sono spigolosi, diffidenti, spesso drammaticamente carichi di tensione. Un bel romanzo di terra antica e amara e di umanità affaticata, con alcune figure memorabili. Il testo originale francese (scritto, lo ripetiamo, da un ticinese di lingua madre italiana, anzi prima dialettale!) è condotto in stile elegante, intenso, raffinato. La traduzione italiana gli è fedele, ridando al testo l'espressività linguistica nel cui impasto era nato l'autore. Le molte parole e locuzioni e in dialetto centovallino (in corsivo originale nel testo francese) sono naturalmente così conservate anche nella traduzione italiana: la commistione è dunque tripla, francese, italiano, dialetto. Una singolare, interessante migrazione linguistica interna alla Svizzera. La scoperta letteraria di questo dicembre 2017 in Ticino.