2018
Erich Maria Remarque
Neri Pozza, Mondadori
Aveva diciotto anni Paul, il protagonista di "Niente di nuovo sul fronte occidentale", quando partì per la guerra. Aveva diciotto anni Erich Maria Remarque quando partì per la guerra. Paul è Erich stesso (anche se con destino finale diverso) e da questa esperienza nasce uno dei grandi romanzi del "˜900, forse la più drammatica e toccante cronaca vera, mediata dalla finzione (appena appena) romanzesca, della tragedia della prima guerra mondiale, la Grande Guerra del 14-18: un conflitto terribile, una immane carneficina, una guerra inutile, senza senso, che poteva essere evitata e che fece milioni di morti e lasciò l'Europa in rovina. Torniamo dunque a quel diciottenne che nel 1916 lascia l'ultimo anno di liceo assieme a un manipolo di suoi compagni e amici, avviatisi con incosciente baldanza verso il fronte bellico nelle file dell'esercito prussiano (che sarà sconfitto): ben presto saranno sconvolti dalla realtà della guerra toccata con mano nella sua tragica "bruttezza" fisica e morale. Quei ragazzi rappresentano anche tutti i giovani (centinaia di migliaia) di fatto offerti, dai grandi poteri dei nazionalismi e degli interessi politico-economici, in olocausto a quella guerra assurda. Lo scrittore ci racconta il male visto in azione ma per fortuna afferra anche come una gomena di salvataggio quel che resta del bene interiore, dell'ultimo soffio di resistenza di umanità che alberga nel cuore delle persone. Remarque narra il freddo, il fango e la polvere delle trincee, la fame e la paura; e poi le bombe, le granate, le mitraglie, gli assalti alla baionetta, i gas tossici; e le avanzate e le ritirate, le fughe e le disfatte, le ferite squarcianti, le tremende agonie, gli ospedali da campo, gli arti amputati, le giovinezze stroncate, le morti, il terrore e lo sgomento. Ma nel romanzo accade anche il miracolo di piccole luci. E così accanto alla visione quasi insopportabile del male dell'uomo recato all'uomo, Paul scopre la forza del cameratismo, dell'affetto solidale per gli amici, degli spiragli di grandezza d'animo. Agli eventi tragici si mescolano in un impasto di umanissimo realismo i piaceri primari del mangiare e del bere, del riposo, del nascondiglio rassicurante, del desiderio sensuale, dei canti malinconici. E poi i rapidi congedi, con l'effimero ritorno a casa a visitare genitori ansiosi e invecchiati e i cari luoghi di una giovinezza perduta per sempre. Remarque ha scritto un romanzo pacifista (e almeno per quella guerra il giudizio di oggi non può che essere quello) che va oltre il male del conflitto mentre esso avviene: una cosa simile annienta tutto quello che serenamente era andato costruendosi, studi e speranze, sentimenti e desideri, attese e solidità morale: i ragazzi che riuscirono a tornare (moltissimi invece morirono) persero la giovinezza come sarebbe potuta essere e il gusto più naturale della vita come sarebbe potuta essere: un'esistenza sconvolta per sempre. Erich Maria Remarque (che trascorse gli ultimi 20 anni della sua vita in Ticino, ad Ascona) dedicò tutta la sua produzione letteraria all'esorcizzazione lenta di quel "male dentro", per mezzo della scrittura. "Niente di nuovo sul fronte occidentale" va letto perché è un libro pieno di dolore ma anche di tenerezza, nostalgia, amicizia. E va letto perché certi romanzi costituiscono anche una lezione civile, un allarme d'umanità.
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