Circolo dei Libri

Per condividere con altri il gusto della lettura, che per principio è individuale ma poi può anche farsi compagnia.

06dicembre
2012

Roddy Doyle

Guanda

Sono belli, ogni tanto, anche i libriccini che hanno in poco spazio un concentrato di gusto, di amabilità, di emozione. Naturalmente bisogna saperli scrivere, altrimenti si cade nel frammento monco, nella storiella insipida. Un racconto deve essere come un dado Knorr: in un quadratino deve starci la forza di sostanza che poi lascia sprigionare il volume, i gusti e i profumi di un brodo completo (e diciamo pure che il grande romanzo invece è il pezzo di carne messo a bollire). Alcuni grandi narratori hanno avuto la capacità di condensare in un piccolo concentrato narrativo la compiutezza di un contenuto finito. Posso citare i racconti brevi di Cecov sopra tutti ma anche alcuni racconti di Raymond Carver, Mario Soldati, Dino Buzzati, Hemingway. Qui voglio citare un autore che certamente non pretende di competere con quei grandi ma di essi possiede, in qualche modo, la capacità di evocare in una sobrietà rarefatta di pennellate narrative la coloritura di un racconto ben chiuso. Roddy Doyle è uno scrittore molto amato in terra anglosassone e anche da noi. Ha pubblicato, tradotti anche in italiano, romanzi interessanti e di diversa stoffa. Con "La donna che sbatteva nelle porte" ha raccontato per esempio con tenerezza e severità la storia di una moglie maltrattata. Con "Bella famiglia" e altri titoli ha inaugurato invece il filone irlandese intimistico e familiare, con grandi affetti densi, tenaci e pasticciati e grandi bevute, con un misto di comicità e indagine anche drammatica(ma sempre affettuosa a modo suo) dei grovigli personali privati.

Qui, in questo racconto tascabile, va in scena una specie di teatrino a due, comico e commovente. Un bel giorno Danny, uomo di mezza età, si sente dire dal suo figlioletto che al telefono lo sta cercando Jimmy, suo fratello. Il fatto è che i due fratelli non si vedono da vent'anni. E dunque è con una certa apprensione e con una certa emozione che Danny si avvia all'appuntamento con quello che era stato il suo diletto fratellino e compagno e ora era diventato un estraneo. Davanti a parecchie pinte di birra la storia personale dei due si srotola all'indietro, poi torna nel presente. E' un raccontino divertente che sa giocare bene il gioco degli intrecci fra humor e commozione, usando l'ingrediente degli imprevisti della vita e del filo tenace dei ricordi indelebili. In fondo è la storia dell'amor fraterno intercettato al tempo della maturità e rivisitato al tempo in cui esso si forma indelebilmente: "Non si separavano mai i fratelli Murphy. Jimmy aveva un anno più di Danny, quindi non erano gemelli. Ma era come se lo fossero. Lo dicevano tutti. I genitori, le sorelle, i vicini di casa. Tutti lo dicevano. Persino le sorelle O'Connor che abitavano nella stessa via, e loro erano gemelle davvero. Questo non solo perché erano sempre insieme. C'era qualcos'altro. Il fatto è che non avevano bisogno di parlarsi. Ecco cosa c'era. Sapevano sempre cosa voleva l'altro, di che cosa avevano bisogno. Danny passava il sale a Jimmy appena prima che Jimmy allungasse la mano per prenderlo. Danny passava la palla a Jimmy senza dover guardare".