2024
Isaac Bashevis Singer
Adelphi
Hanno nel cuore la profonda ferita dell’Olocausto terribile cui sono scampati per un soffio gli ebrei fuggiti, prima o durante la tragedia immane, dall’Europa lacerata dalla guerra e dallo sterminio nazifascista. Siamo nel 1945 e anni seguenti, nella brulicante New York che entra nelle stagioni dei miracoli economici e accoglie il “melting pot” socio-culturale che caratterizzerà sempre più il secondo Novecento americano. In questo alveare laborioso fra grattacieli verticali e quotidiane fatiche orizzontali vivono – sopravvivono – questi reduci scampati al disastro che ha decimato la popolazione ebraica d’Europa. Portano il segno interiore di un lutto che non si stempera, la cicatrice di una ferita che almeno nell’inconscio continua a suppurare. Ma al tempo stesso, contro questa inclinazione luttuosa o probabilmente proprio per quella presenza cupa, ardono in loro il palpito vitalistico della carnalità, la voglia di vita gonfia di linfe sensibili, l’avidità di guadagni e piaceri. Malinconia e desiderio, quindi, smarrimento e carnalità, indeterminatezza esistenziale e stigmate indelebili delle proprie radici. Isaac Bashevis Singer (1904-1991), premio Nobel per la letteratura nel 1978, appartenente egli stesso al fiume dei fuggiti e scampati, scrive nella quasi del tutto perduta lingua yiddish il cantico irridente e dolente, dissoluto e tenero, di uno stuolo di personaggi irrequieti per gravida memoria, desiderosi per ansia liberatoria, accesi di voglia d’amare e essere amati, per stordirsi nella vita. Questo è un romanzo voluminoso e denso, un groviglio di destini incrociati, un libro che odora di echi di morte e di potenza di vita. Tanti i protagonisti, alcuni si stagliano primeggiando: come Boris Makaver, vecchio ebreo avaro, astuto, rancoroso ma anche attaccatissimo alla sua radice ebraica dopo la tragedia dell’Olocausto (“se io cesso di essere ebreo”, sostiene, viene a cadere tutto il senso, tutto l’essere della storia del popolo ebraico”). Il più giovane Herz Dovid Grein, intelligente e inaffidabile, seduttore scontento, è sposato ma ha una amante e poi viene preso da innamoramento per Anne, la bella e inquieta figlia di Makaver (e ancora non gli basta, forse, perché in lui brucia una irrequietezza più profonda). Con le loro storie intermittenti e contraddittorie si incrociano quelle di altri personaggi, a profilo pieno o comprimari: tutti insieme compongono i brandelli di popolo ebraico sopravvissuto che cerca nell’America delle giovani libertà di ricucire esistenze vivibili, di riattaccare radici frantumate a una vitalità rigenerante. Eros e Thanatos, umorismo e dramma: ecco la mistura narrativa del grande Isaac Singer. Del quale scrisse l’acuto critico e letterato Giorgio Manganelli: “Se sono in preda ad un rissoso malumore, tre pagine di Singer mi ‘stigrano’, come si dice in certi dialetti emiliani; posso leggere Singer per ore, anche se è meglio leggerlo quando si hanno le paturnie…”.
- Libro precedente
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Einaudi