Circolo dei Libri

Per condividere con altri il gusto della lettura, che per principio è individuale ma poi può anche farsi compagnia.

11novembre
2016

Alice McDermott

Einaudi

Con gli occhi di una ragazza, di una donna. Anzi, con i quattr'occhi della ragazza. Perché Marie, bambina nella Brooklyn brulicante degli anni Venti, ha qualche problema alla vista e porta occhiali spessi, con le lenti come fondi di bottiglia. E attraverso quel filtro ottico (ma anche simbolico, forse) Marie ragazzina scruta e mette a fuoco il suo piccolo mondo familiare e quello del cerchio urbano denso e circoscritto di Brooklyn nella sua mescolanza di immigrati europei di prima, seconda e terza generazione, soprattutto irlandesi. Il romanzo "Qualcuno" racconta appunto la vita di una ragazza che "è" qualcuno, ha una sua storia unica, anonima ma vera, un suo cammino di sensibilità, affetti, esperienze, letizie, amori, dolori.

Marie sarà anche adolescente, donna, e anche vecchia. Il romanzo intreccia, con vertiginosi balzi avanti e indietro nel tempo, le stagioni di un'esistenza. Il tempo passa in questo libro, anche se sempre viene colto nell'impressionismo di pennellate narrative nette, legate ogni volta all'istante vissuto. Il tempo passa, dunque, e allora si percepisce, accanto alla vivezza - gioiosa o aspra, bella o triste, poco importa - del presente, anche la misura dolente della ineluttabilità della vita che trascorre. E "minimalista", questo romanzo (anche se ormai il termine è troppo abusato). Ma qui davvero la scrittrice coglie ad ogni pagina i battiti minimi di respiro quotidiano, di piccole cose d'ogni giorno, di crucci personali, accadimenti di gente semplice, bevi baruffe, affetti nascosti, amori e ferite d'amore. Non accade nulla di tragico o travolgente, in "Qualcuno". Accade, semplicemente, la vita. E dunque accade anche la morte. Alice McDermott scrive bene, abbiamo imparato a conoscerla in un suo bellissimo romanzo ("Il nostro caro Billy") e poi in "Dopo tutto questo", e "Una cosa difficile come l'amore" (tutti editi in italiano). Questo, appena uscito da Einaudi, racconta dunque la vita di Marie vista da se stessa. Mc Dermott (l'ha detto in un'intervista che ho scovato su Internet) ha detto di aver proprio voluto togliersi da ogni suo giudizio e di aver affidato la responsabilità e la freschezza dell'osservazione allo sguardo unico, libero della ragazzina, della donna Marie. E le lenti degli occhiali simboleggiano appunto il fattore soggettivo, personale, con cui Marie guarda, ascolta, sente, interiorizza la realtà. Questa operazione di transfert è compiuta da Alice McDermott con maestria e con sensibilità. Certo, si capisce che la scrittrice è donna come il suo personaggio: e talvolta lo sguardo femminile coglie, dei maschi, talune insensibilità (""…Era il linguaggio degli uomini timidi, quello, uomini troppo soli con le loro letture e le loro idee: la politica, la guerra, i paesi lontani, i tiranni. Uomini che non esitavano a seppellire la testa in cose del genere pur di distogliere lo sguardo da un semplice dolore femminile". Poi c'è la Brooklyn degli anni Venti, Trenta, Quaranta, fra le due Guerre. Marie ne coglie tutto, anche l'odore: ""…quasi visibilmente il rumore della strada, l'odore della strada scivolò nella stanza, si arrampicò sui muri, percorse il soffitto e poi ridiscese piano, spandendosi sul letto. Odore di gas di scarico, di asfalto surriscaldato, di spazzatura e di inceneritore. - Ecco, - dissi. - L'odore di Brooklyn. Fuori era in corso un litigio, voci infantili per lo più, che urlavano parolacce, e musica metallica da una radio chissà dove. - E anche il rumore di Brooklyn, - aggiunsi". In quegli anni gli americani irlandesi, classi poveri o middle class, si stringevano ancora in un cerchio identitario urbano, imbevuto di educazione e esperienza cattoliche: e nel libro si parla anche, con sobria laicità, di fede e religione, della vita e della morte. E' brava, Alice Mc Dermott.