Circolo dei Libri

Per condividere con altri il gusto della lettura, che per principio è individuale ma poi può anche farsi compagnia.

06dicembre
2012

W.Somerset Maugham

Adelphi

Di quest'altra esperienza parlano i racconti di "Storie ciniche". La lievità formale della narrazione nulla toglie alla perspicacia psicologica e alla invenzione curiosa e sorprendente di storie amare, o divertite, o eccentriche. Ne viene fuori un ritratto di umanità di cui non si nascondono le ferite interiori, le stanchezze esistenziali, le ipocrisie ben celate sotto belletti ed eleganze verbali. Le storie coloniali sono uniche per la conoscenza profonda e non di maniera di un mondo (quello dell'Impero britannico nelle sue ultime luci) ritratto sotto una lente di elegante nostalgia da una parte ma anche, e soprattutto, di spietata indagine sociale e psicologica. Raramente i personaggi di quelle storie sono felici; ma sono sempre verissimi. Stupefacente è l'attaccamento alle forme esteriori(segno di tradizione e potere) di quella classe sociale di dirigenti coloniali e possidenti inglesi in Asia, lunatici e inappuntabili gentiluomini buttati dal destino all'altro capo del mondo. L'inglese delle colonie può ben essere confinato in un bungalow ai bodi della giungla ma state pur certi che ogni sera si cambierà minuziosamente per la cena, circondato dai silenziosi e ubbidienti boys indigeni: "Mr Warburton andò in camera, dove le sue cose erano disposte con un tale ordine che sembrava avesse al suo servizio un valletto inglese, si svestì, scese le scale diretto alla cabina da bagno e si risciacquò sotto l'acqua corrente. L'unica concessione che fece al clima fu una giacca da sera bianca; per il resto, camicia inamidata a colletto alto, calze di seta e scarpe di vernice, proprio come se andasse a pasteggiare al suo club londinese di Pall Mall." In quanto all'altro genere di racconti, Maugham eccelle nel passaggio armonioso e continuo fra la commedia, il fine humor e la sobria drammaticità delle imperfezioni morali. Scintillanti i dialoghi, come questo dello stesso autore trovatosi a tavola a cena accanto a una amica un po' pettegola: - " Questa devo proprio raccontartela", mi disse; "penso che potrebbe tornarti utile come scrittore". "Be', se è indispensabile"…ma prima diamo un'occhiata al menu". "Ma come, non ti interessa?", disse lei, un po' delusa. "Pensavo ti avrebbe fatto piacere". "Poteva andarmi peggio: pensa se tu avessi scritto una commedia e me la volessi leggere". "E' una vicenda capitata a degli amici. E' verissima". "Non è una credenziale. Una storia vera è sempre meno vera di una inventata". "Che cosa vuol dire?". "Niente, in fondo", ammisi. "Ma mi pareva che suonasse bene". Qui c'è dentro tutto l'estenuato gioco allusivo delle parole . Ma intanto Maugham ci consegna indirettamente una delle chiavi per gustare la lettura delle sue pagine: la constatazione, appunto, che una storia vera è sempre meno vera di una inventata. E' il paradosso della letteratura, che mima la vita e la reiventa.