2017
Eshkol Nevo
Neri Pozza
Tre piani. Tre piani di un caseggiato in una cittadina della provincia israeliana, non lontano da Tel Aviv. Eshkol Nevo, scrittore israeliano di sicura forza narrativa (lo apprezziamo fin dal suo primo romanzo, "Nostalgia", passando dal memorabile "La simmetria dei desideri", fino al più ambizioso "Neuland" e a un intermezzo , "Soli e perduti", forse meno nitido) scruta con appassionata, minuziosa curiosità le vite private che abitano quei tre piani. E' bravo, Nevo; bravissimo nel darci tutti gli elementi che contano per farci interessare davvero alle persone di cui parla: i sentimenti, i timori, le segrete paure, i balzi dell'inconscio e l'estroversione delle parole dette. "Tre piani" è un romanzo esistenziale, privato. Ci racconta di vite, di donne e di uomini nella società israeliana di oggi ma potremmo essere ovunque, ovunque là dove pulsa il battito della vita quotidiana sempre uguale, sempre diversa, universale e personale. Tre piani, tre "interni di famiglia" diversi tra di loro. Di ognuno di essi Eshkol Nevo racconta antefatti e turbamenti, ritmi quotidiani svogliati e accelerazioni emotive. Ci sono per esempio, al primo piano, i segni premonitori di un Alzheimer tristemente in arrivo in un vecchio signore immigrato dalla Germania, c'è l'ipotesi che una bambina abbia subito uno choc di cui non parla, c'è un papà amoroso e instabile. Sali di un piano e c'è una giovane moglie e mamma che non sta bene nella sua pelle e ne scrive alla sua cara amica che sta in America: le dice di sentirsi sola, il marito le è caro ma molto assente, un giorno lei ha ricevuto la visita di un cognato introverso, emarginato, sofferente"… Al terzo piano scopriamo che per incontrare la storia vera, il filo narrativo forte del romanzo, bisognava passare dai piani precedenti. E qui c'è il rimando alla teoria freudiana dei tre stati dell'animo, Es, Io, Super-Io: peraltro Freud viene poi abbastanza relativizzato, messo in dubbio e persino irriso: la vita vera non si fa inchiodare su un lettino di psicanalista per essere teorizzata"… Al terzo piano sta Dvora, una giudice appena pensionata, vedova da poco. Le manca moltissimo il marito perduto. Un giorno scopre che nella segreteria telefonica di casa è rimasta la voce di Michael, il marito, il quale dice: "Al momento non siamo in casa. Lasciate un messaggio, eccetera". Dvora, colpita, ascolta e riascolta quella voce cara e perduta e all'improvviso si mette a parlare dentro il telefono: lascia un messaggio. E così sempre farà, per giorni: parlerà con Michael defunto, amandolo molto e rimpiangendolo con profondissima tristezza, agganciandosi alle parole di lui sulla segreteria: un dialogo fra la voce registrata di un uomo amato e morto e quella di una donna viva, piena di accorata nostalgia ma che vuole nondimeno continuare a vivere. Dvora alza la cornetta, sente la voce di Michael, che in vita era giudice anche lui, e gli racconta, gli dice tutto, il dolore e i desideri: "Sento che questa casa è un vuoto dove prima c'eravamo noi"….Morirò comunque, naturalmente. La sentenza è già stata emessa. Ma vorrei rimandare l'esecuzione del verdetto, riuscire a vivere ancora un poco, se possibile. Ho solo sessantasei anni, vostro onore, lo può capire?". Il lettore a questo punto intuisce che il vero romanzo è la storia di Dvora, con il suo passato, con le passioni e le ferite, con il presente doloroso e l'attesa vitale di un dolce futuro, ancora. I due piani di sotto preparavano la storia del terzo piano. Eshkol Nevo si conferma uno scrittore di vena felice, sensibile. Non ancora cinquantenne, si aggiunge ai nomi celebri della vivida vena narrativa israeliana: Abraham Yehoshua, Amos Oz, David Grossman hanno certezza di eredi. Nevo, appunto, e altri ancora.
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Einaudi