2013
Elisabeth von Arnim
Bollati Boringhieri
La principessina si annoia a corte: ai riti rigidi e ingessati imposti dall'etichetta preferisce le scorribande nel mondo dei libri, assecondata dal vecchio bibliotecario di palazzo, bizzarra figura di studioso rispettoso ma anche culturalmente e moralmente un po' anarchico, pur nell'ossequio formale. Egli intuisce i sogni arditi di liberazione della principessa che diventa un po' la sua pupilla, e ne favorisce il piano rocambolesco di fuga dal palazzo granducale. Il resto della storia sta poi tutto nella vicenda della principessa in incognito che fa i conti con la realtà della vita normale in una contea campagnola dell'Inghilterra. Qui torna fuori il tema classico della testa coronata celata sotto sembianze borghesi, che tanti esiti ha avuto in letteratura e nel cinema (cito qui solo "Il principe e il povero" di Mark Twain, "Divertimento 1889" di Guido Morselli o il notissimo film "Vacanze romane" con Audrey Hepburn e Gregory Peck). Questo è un romanzo lieve, avventuroso, pieno di humor e di salaci giudizi. Una fiaba, un apologo, con passaggi anche poco verosimili nella realtà. Forse, suggerisce la von Arnim, la mescolanza calcolata a tavolino delle classi sociali non funziona proprio come si vorrebbe e in fondo chi ha il sangue blu nelle vene dovrebbe tenerselo, cercando di vivere bene (come del resto chi non ne ha) nel ruolo preciso e nella situazione scelti dal destino. I pasticci causati senza mai volerlo dalla principessa nella tranquilla contea sono un pretesto per snidare le piccole ambizioni, le aspirazioni sociali, i pregiudizi di una società perbenista in cui il colpo di vento dell'arrivo di Priscilla rimette in gioco molte certezze. A ciò si aggiunga che Priscilla è giovane, alta, bella, con capelli biondo-ramati, occhi chiari, lentiggini malandrine. Per forza dunque i due giovanotti scapoli del luogo cadono innamorati di lei e le cose si complicano. Il racconto è felicemente innervato di giudizi ironici, lampi e graffi di critica sociale e psicologica. C' è anche l'anticipazione sorprendente della sindrome detta di Cogne e di Garlasco, per dire la morbosa attenzione di una comunità ( e dei suoi media) attorno ai luoghi dei delitti, fino ai modellini delle case e delle villette nello studio di "Porta a porta". Qui siamo agli inizi del "˜900 e in un cottage è avvenuto un fatto criminoso: "La ridda dei sentimenti contrastanti di orrore, compiacimento e orgoglio era elettrizzante. Il paesino si sentì subito innalzato alla ribalta. Il suo nome sarebbe stato su ogni bocca; i giornali, forse persino quelli di Londra, ne avrebbero parlato. Tutta Symford era riunita in capannelli vicino al cottage. Via via che il giorno passava e la notizia si diffondeva arrivavano curiosi provvisti di panini imbottiti dai paesi vicini e i capannelli non smettevano di ingrossare". Manca soltanto Bruno Vespa, perché non era ancora nato.
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