2009
Margaret Mazzantini
Ed. Mondadori (Narrativa italiana)
Ecco, davvero, un bel romanzo. 2008: una donna romana di cinquant'anni viene svegliata una notte da una telefonata che giunge da Sarajevo, da un amico che lei non vede nè sente da vent'anni. Lei parte immediatamente con il figlio per la Bosnia dove si riannoda nel tempo una storia dolorosa e al tempo stesso speranzosa, straziante ma anche tenera e dove ai colpi luttuosi della guerra atroce si contrappongono emozioni, gesti umili di nobiltà di cuore da parte di persone mosse da dignità e resistenza. Gemma, la protagonista, fu a trent'anni per parecchio tempo a Sarajevo durante il terribile assedio, quando la gente attraversava correndo le strade alla ricerca di viveri sapendo che spesso qualcuno sarebbe caduto sotto i tiri dei cecchini appostati o delle bombe. Nel gelo di un inverno tremendo mancavano cibo e legna (si sono tagliati tutti gli alberi della città e segati i vecchi mobili di famiglia) e i cimiteri si gonfiavano di corpi. Commoventi i dettagli di attentissima osservazione femminile: " I mesi d'assedio si contano sulla testa delle donne che non possono più tingersi i capelli, in quelle bande tristi di canizie ricresciute"…". Ma c'è anche la grande passione inquieta per l'amore vero della vita di Gemma, un giovane fotografo genovese conosciuto proprio a Sarajevo. E ci sono soprattutto molta vita, molta femminilità forte e ferita, molta infanzia, molto desiderio struggente di maternità (vero filo conduttore del romanzo) ma anche una splendida figura di padre anziano e quella generosa di un carabiniere italiano e personaggi pieni di bellezza, come l'arruffato amico bosniaco e anche figure marginali di grande forza (la fioraia di Sarajevo che, finiti i fiori veri, li vende di carta e durante tutti i mesi dell'assedio è sempre lì in piedi davanti al suo banchetto, sempre più magra e sempre sorridente, e in qualche modo lei riesce con quella presenza a salvare quel che resta di umano). L'impeto della vita cauterizza le ferite atroci del male dell'uomo all'uomo. Ci sono sviluppi sorprendenti e coinvolgenti che qui non posso rivelare ma che ti afferrano e c'è la linfa di vita e speranza di Pietro, che sta tra infanzia e adolescenza: " Il corpo di mio figlio in controluce sta saltando, sta facendo a pugni con le onde. E' il bambino che s'azzuffa con il ragazzo e gli dice "˜lasciami giocare ancora un giorno'"…". La scrittura è forte, partecipe, si appassiona ai dettagli, ti avvolge, è febbrile ( e per questo si fa perdonare qualche turbinìo verbale di troppo).
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Le campane di Bicêtre
Georges Simenon
Ed. Adelphi (Narrativa straniera)